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Profughi al campo base Expo: una buona notizia

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La tormentata questione di utilizzare il campo base di Expo come luogo di accoglienza per i profughi in arrivo in Lombardia parrebbe arrivata a una conclusione. Finalmente verrebbe da dire. Qualsiasi persona di buona volontà sa che aprire le porte di quelle palazzine è una soluzione temporanea ma seria per dare un’accoglienza degna alle centinaia di persone che stanno arrivando nella nostra città. La proposta, civile e ragionevole, era già stata fatta a suo tempo dal prefetto Alessandro Marangoni ma erano i giorni della campagna elettorale per il nuovo sindaco di Milano e i veti della politica non ne hanno reso possibile (se non per pochissimi giorni) la praticabilità.

Il problema è evidente: centinaia di profughi, in arrivo a Milano (città che è scelta come destinazione dal 20% di chi arriva in Italia ed è vista come uno snodo per tentare di passare in altri paesi europei) sono costretti a vagare in cerca di un posto letto. In molti casi si tratta di donne con bambini, di famiglie che hanno già dovuto affrontare disagi di ogni tipo dopo una traversata per mare che non è mai sicura. Le strutture di accoglienza sono strapiene e molti migranti, in questi giorni, sono stati costretti a dormire per strada, davanti alla Stazione centrale, sotto la mela bianca di Michelangelo Pistoletto, nei giardinetti di Porta Venezia. Non è accettabile perché queste persone meritano sistemazioni umane, perché in questo modo si creano disagi per la cittadinanza e perché lasciando i problemi irrisolti si fomentano malcontento e intolleranza.

Al contrario, destinare gli spazi del villaggio Expo all’accoglienza dei profughi sarebbe un segnale importante. Garantire loro un letto, una doccia, un posto che non sia una tenda sotto il sole cocente o un container dove nessuno si augurerebbe di trascorrere una notte, sarebbe un esempio di vera e umana solidarietà. Fare questa scelta manderebbe un messaggio chiaro: nonostante le difficoltà nazionali e internazionali, vogliamo accogliere nel migliore dei modi queste persone che ci chiedono aiuto e che troppo spesso, nei loro lunghi e drammatici viaggi, non vengono trattati come esseri umani.

Certo, son ben consapevole che si tratterebbe di una soluzione non di lungo periodo e che, per quanto utile, non sarebbe una decisione capace di cambiare il quadro complessivo. Si tratterebbe però di un’azione concreta e positiva, ma anche simbolica, dalla quale partire per prendere molte altre. C’è da organizzare meglio la distribuzione dei profughi tra tutti i Comuni lombardi, c’è da chiedere alla Regione un ruolo di maggiore responsabilità e coordinamento, ci sono da aprire nuovi posti per ospitalità durature e costruttive e ci sono controlli e verifiche da fare con precisione. Tutto necessario e tutto urgente.

Intanto, però, se quanto letto sui giornali diventasse realtà nei prossimi giorni, ci troveremmo di fronte a una buona notizia. Una buona notizia che avremmo potuto ricevere già diverse settimane fa. Ma una buona notizia che accogliamo positivamente, soprattutto in un momento in cui da altre parti d'Italia ne arrivano di ben peggiori, come quella di Emmanuel a Fermo. È un episodio tanto triste quanto grave. Da non sottovalutare. Per rispondere a tanta violenza, vanno moltiplicati ancor di più gli sforzi culturali e gli impegni concreti che già tante realtà in tutto il Paese stanno compiendo. Per combattere intolleranza e razzismo, c’è sempre più bisogno di una cultura di pace e di un’accoglienza di qualità.


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